Un veleno quotidiano per tutti

Un miliardo di persone nel mondo oggi soffre la fame a causa degli agro-tossici; coloro che vendono cibo ricco di sostanze chimiche sono le stesse multinazionali che controllano il mercato dei cereali: Cargill e Monsanto. La famosa Rivoluzione Verde ha generato un impoverimento delle risorse naturali e una contaminazione generalizzata dell’ambiente, attraverso l’uso massivo di prodotti chimici.


 

Diversi libri e dossier di gente che ha viaggiato durante il secolo XIX, inoltre, dimostrano che molti tipi di cancro non esistevano, si sono diffusi con la civilizzazione industriale. Ed è interessante analizzare come sono aumentati e come l’industria si sia organizzata per affermare il contrario. Nell’intervista che riportiamo qui sotto, la giornalista-ricercatrice Marie-Monique Robin, critica duramente l’agro-business e ricorda la soluzione: lo sviluppo dell’agro-ecologia, basata su piccole unità produttive, in cui esiste un’autonomia energica e si utilizzano le risorse naturali tramite una combinazione di coltivazioni, «perchè la mono-coltura è la peggior catastrofe per l’ambiente».
 
Una nuova ricerca della giornalista francese Marie-Monique Robin è stata pubblicata a fine 2012 in America latina e in Argentina. Si tratta de “Il nostro veleno quotidiano”, un lavoro che, come il suo predecessore – “Il mondo secondo Monsanto” – è stato prodotto nella doppia versione di libro e documentario cinematografico. Il report elenca, con dovizia di particolari, la responsabilità dell’industria chimica nella diffusione capillare di malattie croniche. “Mi riferisco all’aumento spettacolare di diverse tipologie di cancro, malattie neuro-degenerative, trasformazioni nella riproduzione, diabeti o obesità, che si registrano nei paesi ‘sviluppati’, a tal punto che l’Organizzazione mondiale della salute parla apertamente di ‘epidemia’”, ha spiegato Robin.
 
Cos’è cesattamente ciò lei chiama «il nostro veleno quotidiano»?
Quei prodotti chimici contenuti ogni giorno in ciò che mangiamo: residui di pesticida, additivi alimentari o plastici utilizzati per produrre gli alimenti. Si tratta di molecole chimiche in dosi molto basse. Ciò che dimostra la mia ricerca, a cui finora nessuno ha ribattuto, è che queste dosi, per quanto limitate e teoricamente senza alcuna conseguenza, in realtà sono portatrici di effetti nocivi per la salute umana.
 
Però non si tratta di prodotti autorizzati?
Certo. La valutazione dei prodotti chimici, a carico dell’Autorità europea per la Sicurezza alimentare o della Fda negli Usa, che si basa sul principio del Paracelso, secondo cui è la dose che rende una sostanza veleno. Su questo concetto si fonda la chiamata “Dose Giornaliera Accettabile” (Dga). Ciò che dimostro nel mio lavoro è che questo principio non vale per la stragrande maggioranza delle molecole e che, in sinstesi, non serve a nulla.
 
Perchè?
Perchè si tratta di una sorta di Bibbia basata sul nulla, su nessuno studio scientifico serio. La maggioranza ha semplicemente creduto che con la Dga fossimo protetti, però nessuno si è mai chiesto da dove provenga. E questo è il cuore della mia ricerca. La Dga è stata creata da 5 persone a tavolino negli anni ’60. In buona fede certo, cercando una forma per mitigare l’effetto delle molecole chimiche, le quali sappiamo essere altamente tossiche. Però, in nessun momento ci si è proposti di proibire quest’assortimento di veleni, che compone la nostra alimentazione quotidiana. Inoltre, all’epoca, la concezione del “progresso” o “sviluppo” accettava di buon grado questo tipo di rischi.
 
Però queste norme non vengono avallate da organismi statali?
Sì. Direi che si nascondono dietro una regolazione statale, apparentemente molto indipendente, seria, scientificamente provata da dati e cifre, con tonellate di documenti che però, se studiati a fondo, servono solamente a giustificare le dichiarazioni delle autorità pubbliche: “Ci siamo aggiornati, siamo a norma” Però, se si trattasse di norme serie, che realmente proteggessero la salute delle persone, quale sarebbe la necessità di cambiarle continuamente? Semplicemente vanno adeguate agli interessi dell’industria più che a quelli della gente.
 
Perchè. Secondo lei, non c’è stata nessuna risposta dell’industria chimica rispetto ai risultati della sua ricerca?
Si tratta di dati che loro stessi conoscono. Alla presentazione della mia ricerca erano presenti molti media. E i produttori chimici hanno dichiarato semplicemente: “Robin esagera un pò…”, niente di più. Ovviamente, cercano sempre di evidenziare come i risultati del mio dossier siano eccessivi, mentre alcune gandi imprese pagano persone per screditarmi sul mio stesso blog.
 
Nel suo lavoro, lei sostiene che la cosiddetta “Rivoluzione Verde” degli anni ’60 prometteva di alimentare il mondo intero, però in realtà non è mai arrivata nemmeno vicino a tale obiettivo. Perchè?
Nel mio prossimo lavoro, che dovrebbe uscire agli inizi del 2013 e spero possa arrivare in Argentina – “I raccolti del futuro” –, rispondo proprio a questa domanda. Il discorso, in realtà, è sempre lo stesso: “Se proibissimo gli agro-tossici non potremmo mai alimentare tutto il mondo, anzi moriremmo di fame”. L’argomento è interessante, però, purtroppo, è falso. La famosa “Rivoluzione Verde” ha generato un impoverimento delle risorse naturali e una contaminazione generalizzata dell’ambiente, attraverso l’uso massivo di prodotti chimici. Ho viaggiato durante un intero anno attraverso undici paesi del pianeta. La conclusione del viaggio dice che ci sono un miliardo di persone che oggi non mangiano o soffrono la fame a causa degli agro-tossici. E non solo per gli agro-tossici in sè, ma per tutto il sistema di mercato, indissolubilmente connesso a questo business.
 

 
E come influisce il mercato?
Si tratta di una catena articolata a livello mondiale. In Argentina, per esempio, circa 18 milioni di ettari sono coltivati a soia transgenica e fumigati con agro-tossici, per cui i piccoli caseifici e produttori che alimentano la popolazione vengono spazzati via. In Francia, solo il 3 per cento del settore è rappresentata da agricoltori, il resto è costituito da poche grandi imprese. Il tutto suppone un filo-conduttore, perchè coloro che vendono gli agro-tossici sono gli stessi che controllano il mercato dei cereali, Cargill e Monsanto, multinazionali che stanno affamando il mondo.
 
Come si può uscire da questo sistema?
Attraverso l’agro-ecologia e l’agricoltura organica, basandosi su piccole unità produttive, in cui esiste un’autonomia energica. Dove si utilizzino le risorse naturali tramite una combinazione di coltivazioni, perchè la mono-coltura è la peggior catastrofe per l’ambiente.
 
E l’agro-ecología potrebbe essere applicata a livello estensivo o su scala nazionale?
Chiaramente, e senza nessun problema. Ciò che manca concretamente è la volontà politica. In Europa stiamo lottando per questo. Il prossimo anno si verificheranno dei cambiamenti nella famosa politica agricola dell’Unione. Stiamo chiedendo che i sussidi per gli agricoltori e le grandi imprese, che sono quelle che inquinano di più, vengano assegnati a coloro che vogliano riconvertire la propria attività all’agro-ecologia. In soli quattro anni è possibile cambiare il modello. Si tratta di semplice volontà politica, per seppellire questo modello agro-alimentarte criminale. È necessario estromettere l’agricoltura dai diktat del commercio. L’alimentazione non è un prodotto qualsiasi: senza alimentarsi, non si può vivere. Senza contadini, nessuno può vivere. Ogni paese ha il dovere di proteggere i propri agricoltori. Si afferma incessantemente che i prodotti dell’industria chimica sono più economici che quelli dell’industria agro-ecologica. È falso, e questo solo considerando il volume di costi indiretti generati dall’industria chimica.
 
Per cui proibire gli agro-chimici sarebbe un modo per risparmiare?
L’Unione Europea ha pubblicato uno studio secondo il quale se si proibissero gli agro-tossici, considerando solamente i costi prodotti dal cancro tra gli agricoltori ed altri, si potrebbero risparmiare 27 miliardi di euro l’anno. E staimo parlando del solo cancro.
 
Nel suo libro, sostiene che il cancro sia una malattia “nuova”, propria della civilizzazione. Ossia?
Ho sempre cercato la risposta, perchè si è sempre detto che il cancro ha a che fare con i prodotti chimici. Ho perciò cercato di verificare se prima esistesse il cancro o no. Atrraverso molti libri e dossier di gente che ha viaggiato durante il secolo XIX, è possibile affermare che quasi non esistesse. Di fatto, diversi tipi di cancro si rivelano con la civilizzazione industriale. Ed è interessante analizzarne l’aumento. Oltre a vedere come l’industria si sia organizzata per affermare il contrario.
 
Col passare degli anni, la popolazione si è resa conto di come molte sostanze di uso quotidiano – come le sigarette o il sale – siano dannose per la salute. Crede possa accadere qualcosa di simile anche con gli agro-chimici?
Si tratta di casi completamente differenti, poichè si tratta di sostanze presenti dappertutto. Una persona che fuma ne conosce i rischi, per cui si tratta di una decisione personale. Negli alimenti, invece, non si sa quanto di un prodotto chimico si stia ingerendo. Molte donne non sanno, per fare un altro esempio, che una delle ragioni principali, anche se non la sola, del tumore alla mammella siano i deodoranti. Per questo consiglio di non utilizarli, perche al loro interno son presenti perturbatori endocrini che arrivano direttamente al seno. La maggioranza delle persone non dispongono di queste informazioni. Altro punto importante è che sempre più spesso si utilizzano prodotti non previamente testati. Per questo è necessario riappropriarsi del contenuto dell’alimentazione quotidiana, recuperare il controllo su ciò che mangiamo, e smettere di ricevere piccoli dosi di diversi veleni senza alcun beneficio.
 
Nel 2012 c’è la sentenza di Cordoba, con la quale un produttore di soia e un pilota aereo-applicatore sono stati condannati a tre anni con la condizionale, per contaminazione ambientale e fumigazioni illegali con agro-chimici nella zona di Ituzaingó, provincia argentina di Córdoba. I colpevoli non sconteranno la pena in carcere, ma realizeranno una serie di attività socialmente utili per compiere in forma effettiva la pena. La causa è iniziata grazie alla denuncia di un gruppo di madri della zona, che hanno riscontrato più di 500 malattie vincolate agli agro-tossici, in un apopolazione di solo 5.000 abitanti. Come valuta la sentenza?
Beh…nonostante i condannati non siano finiti in carcere, bisogna valutare gli aspetti positivi. Il primo passo è che ci sia stata una sentenza. Ciò dimostra che le cose stanno lentamente cambiando, che la gente sta cominciando ad accorgersi che qualcosa non funziona. Il problema è capire come poter proibire questi prodotti e cambiare il sistema di alimentazione. La soluzione è l’agricoltura biologica, che risolve i problemi generati dal modello vigente: cambio climatico, crisi sanitaria, della biodiversità e dell’energia. Stiamo esaurendo acqua e petrolio. L’agricoltura, oggi, si trova al centro di molte crisi. Pertanto, se riusciamo a cambiare il sistema mondiale di produzione degli alimenti, possiamo, in un colpo solo, influire su tutte queste crisi, forti ed intense. Così, non possiamo più continuare…
 
Infatti ha perfettamente ragione Marie-Monique Robin nell’affermare che così “non possiamo continuare”; è necessario prendere profondamente coscienza della gravità della situazione ed iniziare ad agire di conseguenza. Ognuno di noi può fare qualcosa, a partire innanzitutto dalle proprie scelte alimentari. Ogni giorno siamo chiamati a scegliere cosa acquistare e consumare, e le nostre scelte influenzano il mercato. E’ assolutamente necessario essere informati su quali sono i prodotti e le sostanze da evitare per poter salvaguardare la nostra salute, quella dei nostri figli e della natura. Ci sono tantissime sostanze tossiche e velenose con le quali veniamo in contatto, spesso inconsapevolmente.
 
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Fonte:
https://tiempo.infonews.com
Articolo tradotto per Comune-info da Roberto Casaccia di Retos al Sur/Reorient.