Due milioni e mezzo di piccole cavie. Lo scandalo del vaccino esavalente
di Valentina Corvino
Un vaccino somministrato per la seconda volta dopo 14 anni e con un doppio prelievo assai discutibile. Sembra strano ma la vicenda del vaccino Hexavac, immesso in commercio dalla Sanofi Pasteur MSD a partire dal 2000 e risultato inefficace nel prevenire l’epatite B, nonostante sia stato somministrato fino al 2005, si concluderà dopo oltre 10 anni con uno studio clinico dai contorni opachi. Quanto meno tutti da chiarire come ha chiesto il senatore del Movimento 5 Stelle, Maurizio Romani, che il 22 gennaio scorso, insieme ad altri deputati, ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere al ministro della Salute di fare chiarezza sull’avvio di un nuovo studio clinico per verificare la risposta immunologica sui bambini vaccinati dieci anni fa. Ma andiamo con ordine perché la questione ha origini lontane…
Vaccinati inutilmente
Il 17 novembre 2005, il Comitato dell’Agenzia per i medicinali per uso umano (Chmp) ha sospeso l’autorizzazione dell’esavalente a causa del sospetto di inefficacia nell’indurre protezione a breve e lungo termine nei confronti dell’epatite B (una delle patologie che il vaccino avrebbe dovuto prevenire). In altre parole, in 5 anni qualcosa come 2,5 milioni di bambini sono stati sottoposti a una vaccinazione obbligatoria inutile, almeno per combattere l’epatite B. O meglio, hanno fatto da cavia a una sperimentazione che ha dimostrato l’inefficacia del farmaco.
“Accade sempre più spesso, purtroppo, che per la fretta di immettere in commercio un nuovo vaccino, la terza fase della sperimentazione, quella per verificarne l’efficacia e la sicurezza su grandi gruppi di pazienti, venga condotta quando il vaccino è già in uso”, spiega al Salvagente Eugenio Serravalle, pediatra di lungo corso con una decennale esperienza sul campo, che nello svolgimento della sua professione ha deciso di adottare il principio di cautela nell’approccio alle vaccinazioni.
Ritardi e sospetti
Come se non bastasse già questo, dopo la sospensione decisa dalle Autorità europee, un bel po’ di anni più tardi, l’11 aprile 2012, la Sanofi Pasteur MSD ha volontariamente ritirato l’autorizzazione alla commercializzazione del vaccino. Come mai con tanto ritardo? “Vi è il sospetto, che a determinare l’intervento dell’azienda ci siano state delle segnalazioni relative a bambini colpiti dalla cosiddetta sindrome della morte improvvisa” è l’ipotesi inquietante di Serravalle. Un sospetto senza riscontri perché, come specifica l’Agenzia italiana del farmaco, non ci sono evidenze scientifiche. La causa ufficiale del ritiro dal mercato, dunque, resta l’inefficacia contro l’epatite B, circostanza confermata dai risultati dello studio clinico che l’Aifa ha commissionato alla stessa Sanofi per verificare, appunto, il livello della risposta immunitaria al virus dell’epatite B nei bambini sottoposti al ciclo primario, cioè alle 3 dosi di esavalente effettuate a 3, 5 e 11 mesi di età.
Accanto a questo gruppo di bambini furono raccolti i dati forniti da un altro gruppo, vaccinato con l’Infanrix Hexa, l’altro vaccino esavalente della ditta GlaxoSmithKline presente sul mercato e anch’esso finito al centro di uno scandalo nell’ottobre 2012 quando l’Istituto di Stato per il Controllo dei farmaci della Slovacchia e quelli di altri 5 paesi europei decisero il ritiro dal mercato di un lotto per rischio di contaminazione batterica pericolosa. Lo studio fu condotto in 6 centri vaccinali italiani tra il 2008 e il 2009. Con quali risultati? “Gli autori dello studio comunicarono sulla rivista ‘Vaccine’, senza darne rilievo alcuno, che solo il 60,1% dei bambini precedentemente vaccinati con Hexavac presenta un livello di anticorpi anti HBS maggiore di 10 mIU/ml, che è il valore che attesta l’efficacia dell’immunizzazione”, sostiene Serravalle.
Sperimentazione continua
Ma la storia dell’Hexavac non finisce qui perché il 22 gennaio scorso è iniziato un nuovo studio clinico che deve stabilire la necessità di una dose di richiamo in circa 750 bambini vaccinati con l’esavalente 10 anni prima. Questo studio è stato approvato dal Comitato etico del centro coordinatore (Asl di Sassari) e da quello dell’Ass 5 “Bassa Friulana”, nonché dall’Aifa. La copertura assicurativa è stata adottata da Sanofi Pasteur MSD. Qual è lo scopo del secondo studio? “Non si tratta, come nel caso precedente, di valutare l’efficacia del vaccino, e semmai intervenire con un richiamo successivamente. No. Il protocollo prevede un prelievo di sangue al bambino (per valutare lo stato immunitario) e contemporaneamente la somministrazione della dose di richiamo. Un secondo prelievo, dopo 21-35 giorni, stabilirà il successo o meno della nuova immunizzazione”, spiega Serravalle.
Come mai questa scelta? Dall’azienda ci fanno sapere che “Sanofi Pasteur MSD si è impegnata nei confronti dell’Ema (l’Agenzia europea del farmaco) a condurre un secondo studio clinico per misurare i livelli di risposta immunitaria al vaccino contro l’epatite B, in bambini che hanno ricevuto il ciclo vaccinale primario con Hexavac o con Infanrix Hexa, a distanza di 10 anni. La richiesta dell’Ema è stata quella di vaccinare tutti gli adolescenti arruolati nello studio, indipendentemente dal loro stato immunitario”. Si tratta, tuttavia, di un approccio che suscita perplessità e – dettaglio non trascurabile – mette in crisi quanto sostengono, da sempre, le istituzioni ovvero che la riduzione dei casi di epatite B è dovuta al vaccino. Se riduzione c’è stata, come dimostrano i dati epidemiologici, il merito non può essere stato di vaccini inefficaci.
Errare è umano ma perseverare…
In più, c’è un altro sospetto che fa tremare i polsi dei genitori dei bambini coinvolti in questa nuova ondata di vaccinazioni. Basta leggere le indicazioni riportate nella scheda tecnica del vaccino utilizzato per il richiamo (l’Hbvaxpro), per capire che non si tratta di paure infondate. Leggendolo, le parole sono inequivocabili: “Poiché i dati relativi alla sicurezza del vaccino anti-epatite B sono insufficienti quando vengono somministrate dosi addizionali in eccesso rispetto alle serie raccomandate, la rivaccinazione eseguita dopo il completamento della prima serie non è raccomandata di routine. La rivaccinazione deve essere presa in considerazione per i soggetti ad alto rischio, dopo aver valutato il beneficio della vaccinazione rispetto al potenziale rischio di aumento delle reazioni avverse locali o sistemiche”.
“Nessun rischio”
Cosa significa che la rivaccinazione non è raccomandata di routine? “La frase si riferisce alla rivaccinazione dei soggetti che non hanno risposto al primo ciclo di vaccinazione (i cosiddetti non-responder), mentre la necessità di una dose di richiamo in individui sani, che hanno ricevuto un ciclo completo di vaccinazione primaria, di cui non si conosce lo stato di responder, non è stata a oggi stabilita”, spiega Sanofi Pasteur MSD. “Questo è appunto lo scopo specifico dello studio, nel quale viene offerta una dose aggiuntiva di vaccino, indipendentemente dal livello di protezione anticorpale già acquisito contro l’epatite B, al momento dell’ingresso nello studio”. Per l’azienda, dunque, lo studio clinico è cosa ben diversa dall’uso corrente e le osservazioni contenute nella scheda tecnica non sono da considerarsi valide nei confronti del campione-cavia che decide, volontariamente, di entrare a far parte di uno studio clinico.
I dubbi rimangono
Non è convinto di questa tesi Serravalle: secondo lui in quella indicazione c’è l’impossibilità, per la Sanofi Pasteur MSD, di fornire dati e informazioni sulla sicurezza del vaccino iniettato a soggetti già immunizzati. Inutile dire che i dubbi rimangono tutti e con loro le numerose richieste di chiarimento, tutte contenute nell’interrogazione parlamentare del deputato M5S. Innanzitutto, quanto sono stati informati i genitori delle indicazioni contenute nella scheda tecnica? “Quel che è certo è che ai genitori che aderiranno allo studio verranno consegnati, in omaggio, un termometro digitale, un righello millimetrato, una tessera identificativa e un diario dove annotare la temperatura del bambino, la comparsa di reazioni locali nella sede della puntura come gonfiore, rossore, dolore nei 4 giorni successivi all’inoculazione del vaccino e gli eventi clinici per i 14 giorni successivi alla vaccinazione. Qualsiasi reazione avversa che comparirà dopo questo intervallo di tempo non potrà essere segnalata”, dice Serravalle mentre da Sanofi Pasteur MSD precisano che “le informazioni fornite ai genitori e agli adolescenti sono documentate dalla firma del consenso informato e della lettera informativa, approvati dai Comitati etici competenti”.
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Fonte: Il Salvagente tramite https://www.informasalus.it/it/articoli/cavie-vaccino-esavalente.php